Secondo Reporter San Frontières nel 2016 l’Ucraina è al 107º posto su 180 paesi per quanto riguarda il livello della libertà di stampa. Un posizionamento basso in classifica che tuttavia riflette un incremento notevole rispetto al 2015, in un solo anno il Kiev è salita di 22 posizioni dal 129 al 107.
Uno dei motivi di questa ‘scalata’ è sicuramente da attribuire alla rivoluzione cosiddetta di “Euromaidan” che ha portato alla fuga del premier filo-russo Yanukovic nel febbraio 2014. Intanto già prima della svolta filo-russa dell’ex presidente Viktor Yanukovic in Ucraina c’era stata un’apertura nei confronti dei media, nell’ottica di avvicinamento all’Unione Europea molte ingerenze politiche si erano alleggerite e stavano nascendo nuovi gruppi e media indipendenti spesso su base volontaria. Quando il premier ha annunciato che l’Ucraina non avrebbe più aderito agli Accordi di Associazione per il libero commercio tra Kiev e i paesi membri – con una repentina giravolta in favore di Mosca – la protesta è iniziata e i giornalisti sono stati protagonisti così come internet e i social media.
Uno degli esempi più famosi dei nuovi media nati intorno a Maidan è Hromadske Radio (Radio Pubblica) che è nata nell’estate del 2013 poco prima dell’inizio della rivoluzione della dignità, prima come podcast e poi con una frequenza dedicata sulle onde medie (AM per intenderci). Oggi è anche una televisione, una delle principali voci indipendenti.
“Maidan dalla mia prospettiva è stata molto importante perché ci ha fatto fare molti progressi – racconta Irina Slavinska di Hromadske Radio – Ad esempio il giorno dopo che Yanukovic è scappato ci siamo incontrati con il capo della radio di Stato, Ukrainske Radio. Come tutti i funzionari di Stato in quel momento era molto spaventato e non riuscì a rifiutare la nostra proposta di fare il nostro show nelle sale della radio statale, live. Abbiamo chiesto di lavorare nei loro studi e di fare questa sorta di co-produzione, in diretta, nei loro palinsesti ed è stato accettato. Quindi dal febbraio 2015 abbiamo iniziato ad avere una trasmissione sulle frequenze della radio di stato”.
In Ucraina sono arrivati negli ultimi anni, anche molti giornalisti russi in fuga dalle pressioni che il governo di Putin attua sui media. Uno di questi è Saken Aymurzaev ex giornalista dell’Eco di Mosca, molto giovane, che da circa sette anni lavora a Kiev. “Maidan, la rivoluzione della dignità, è stata fatta con l’aiuto dei giornalisti – spiega Aymurzaev – non solo dagli attivisti e dalle persone che hanno occupato piazza di Maidan con l’intenzione di cambiare il proprio paese. Molti giornalisti hanno aiutato Maidan a diventare una rivoluzione, hanno contribuito a far si che non restasse una manifestazione come un’altra. Questo ci ha reso più forti e ci ha dato la speranza che il giornalismo potesse cambiare la realtà. Ma dopo Maidan molte persone che governavano sono ancora al potere , i canali televisivi più importanti sono sempre nelle mani degli stessi oligarchi che hanno ambizioni politiche o che hanno già partiti politici”.
Il governo degli oligarchi con relativi mezzi di informazione controllati insomma non è cambiata, spiega Aymurzaev. “Non c’è una buona situazione per fare televisione libera in Ucraina, il giornalismo libero oggi in Ucraina è su internet”.
Tra oligarchi e nazionalismo: la caccia al giornalista ‘traditore’
Oltre agli oligarchi c’è un altro nemico del giornalismo in Ucraina, il nazionalismo che è divampato con l’inzio della guerra in Donbass e dopo l’annessione unilaterale della Crimea alla Federazione Russa. I progetti giornalistici di punta in Ucraina sono Stop Fake e Inform Napalm degli ottimi siti di fact checking contro la propaganda russa, peccato che siano molto più leggeri nei confronti del proprio governo.
Un sito di leaking legato ai servizi segreti ucraini l’SBU, chiamato Myrotvorets (Portatori di pace) ha pubblicato a maggio l’elenco di oltre 4000 giornalisti, fixer, cameramen stranieri e locali che avevano ricevuto l’accredito per poter lavorare nella DNR, le Repubbliche autoproclamate del Donbass. Il sito parla di giornalisti “canaglie”, e la lista è stata rilanciata da un parlamentare vicino al ministro degli interni Avakov.
La procura generale di Kiev – dopo molte proteste anche internazionali – ha aperto un’inchiesta contro chi ha pubblicato la lista, ma ad agosto i ‘portatori di pace’ hanno aggiornato nuovamente la loro lista arrivata a 8000 nomi e mail e numeri di telefono.
Nessuno dica Panama Papers
Un altro indizio preoccupante per la salute della stampa è quello che è successo in seguito alle rivelazioni dei Panama Papers sul Presidente ucraino Petro Poroscenko. Una delle storie più importanti scoperte dai giornalisti della rete del International Consortium of Investigative Journalism e dei corrispondenti di OCCRP in Ucraina riguardava proprio l’apertura di una compagnia offshore da parte di Poroshenko nelle Isole Vergini Britanniche. Anche il presidente Ucraino infatti è un oligarca, Poroshenko è ‘il re della cioccolata’ e la sua compagnia Roshen si riconosce dal lussuosissimo negozio in una delle vie principali di Kiev. Non solo è anche proprietario al 60% della International Investment Bank e di altre compagnie che vanno dallo zucchero alla componentistica per auto (ora convertita in fabbrica per mezzi militari). Aalla sua elezione aveva assicurato che avrebbe abbandonato tutto il suo business, ma non è stato così.
“Abbiamo trovato dei documenti che confermano che Petro Poroshenko ha aperto una compagnia nelle Isole Vergini Britanniche quando era già presidente – racconta Anna Babinets una delle giornaliste di OCCRP che ha lavorato alla storia dei Panama Papers – Accadeva 3 anni fa, tre mesi dopo la sua elezione”. L’apertura di questa compagnia offshore, pensano i giornalisti, è probabilmente un escamotage per pagare meno tasse dalla vendita della società che controlla Roshen. Una compravendita che in Ucraina sarebbe stata sottoposta ad una forte tassazione, la cosa grave è che avviene in tempo di guerra “Era l’agosto del 2014 stavamo avendo una delle battaglie più grosse nell’est Ucraina, la battaglia di Ilyovanks dove furono uccisi molti ucraini”. Il 21 agosto del 2014, scrivono nell’aprile scorso i giornalisti di OCCRP, il presidente mandava i documenti necessari nelle BVI per la registrazione della sua compagnia offshore e quello stesso giorno morivano 21 soldati ucraini nel tentativo di riconquistare un territorio chiave ai ribelli. La storia esce simultaneamente in tutto il mondo, quindi dal Guardian al Süddeutsche Zeitung, ovunque con lo stesso paragone. L’idea del Consorzio era che questo avrebbe suscitato indignazione nel pubblico.
E invece… “Dopo che abbiamo pubblicato abbiamo ricevuto attacchi da tutti – ricorda Anna Babinets – migliaia di persone e di troll su facebook hanno iniziato a scriverci che avevamo sbagliato che non c’è niente di male nell’usare società offshore, che eravamo persone malvagie perché avevamo mischiato le storie della guerra e dell’offshore solo per suscitare emozioni. È stata una campagna tremenda, per settimane e settimane”. Ma non solo gli avatar anche gli altri giornalisti si sono all’unisono rivoltati contro i giornalisti dei Panama Papers. “Un sito web, molto famoso, che fa analisi dei media ha iniziato a farci pressione, dicendo che eravamo pessimi giornalisti perché avevamo fatto degli accostamenti poco etici e avevamo fatto un sacco di errori.
Ovviamente era tutto corretto, ma loro hanno deciso che noi eravamo del dei manipolatori e hanno rilanciato quest’accusa ovunque. Tanto che ogni sito internet, ogni giornale ha iniziato a parlare di noi che eravamo cattivi giornalisti e nessuno parlava della compagnia offshore di Poroshenko!”.
Attacco alla stampa: la morte di Pavel Sheremet
Ma tre mesi fa le cose cambiano ancora più drasticamente: il 20 luglio scorso un’autobomba uccide uno dei giornalisti più famosi in Ucraina ma anche in Russia e Bielorussia. Si tratta di Pavel Sheremet, di nazionalità bielorussa, detenuto e attaccato nel suo paese di origine si spostò in Russia a lavorare per la tv ORT e da 5 anni viveva a Kiev scrivendo per Ukrainska Pravda e collaborando con varie radio e tv. Un omicidio che ha sconvolto il mondo del giornalismo ucraino.
“Conoscevo Pavel Sheremet da 5 o 6 anni, lavoravamo insieme a Ukrainska Pravda e anche per un altro canale televisivo – racconta Irina Slavinska di Hromasdke radio – era eccezionale, scriveva molto bene, è stato molto doloroso. Ovviamente speriamo che le indagini portino a qualcosa e che gli assassini verranno trovati. Ma come nel caso di Gerogij Gongadze è più importante trovare le persone che hanno ordinato l’omicidio di quelle che lo hanno materialmente fatto”.
Chi è Georgij Gongadze e che c’entra con Pavel Sheremet? Le connessioni tra i due giornalisti sono molto forti : Gongadze nel 2000 ha fondato il sito web indipendente Ukrainska Pravda, assieme a Olena Prytula sua compagna anche nella vita. Nel settembre dello stesso anno è stato rapito e il suo corpo decapitato è stato trovato tre mesi dopo. Il governo di allora di Kuchma ha tentato in molti modi di deviare le indagini attribuendo l’omicidio a motivi personali, ma in una conversazione rubata e poi resa pubblica è proprio Kuchma con il suo Ministro dell’interno a domandarsi come sarebbe stato possibile fermare Gongadze. L’indignazione nel paese fu molto forte e ci furono manifestazioni contro il governo nel 2001. Molti dicono che furono i primi passi della rivoluzione arancione del 2004.
Pavel Sheremet anche lavorava per Ukrainska Pravda e tragicamente era l’attuale compagno di Olena Prytula, fondatrice ed editrice del giornale on line, sua era la macchina sotto cui era stato messo l’esplosivo per far saltare Sheremet.
Ma diversamente dal caso di Gongadze il movente e il possibile autore sono ancora sconosciuti. “La versione ufficiale e che c’entri con i suoi legami Mosca: perché ha vissuto là prima di venire in Ucraina. Un’altra versione è un conflitto professionale, forse anche in Ucraina magari con qualche radicale di destra ne abbiamo molti ora in Ucraina” Anna Babinets assieme ad un altro collega di OCCRP sta cercando di condurre un’indagine giornalistica sull’omicidio. “Sheremet era molto famoso – conclude – ma non riusciamo a capire esattamente le ragioni del suo assassinio e se non possiamo capire le ragioni non possiamo capire chi potrebbe averlo fatto”.
Sono passati ormai 3 mesi dall’uccisione di Sheremet. Il governo all’inizio si è affidato all’FBI per esaminare l’esplosivo e ha pubblicato i video di sorveglianza di quella notte per dimostrare trasparenza nelle indagini, ma per ora nessun colpevole ne’ materiale ne’ mandante è stato trovato.
Published 16 December 2016
Original in Italian
First published by Eastonline.eu 7 November 2016
© Cecilia Ferrara / Eastonline.eu / Eurozine
PDF/PRINTIn focal points
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