Expectations, standards, and requirements in higher education vary from country to country. In the third episode of the Knowledgeable Youth podcast Ukrainian students embark on the complex subject of tertiary education.
Lo scatto di Kiev verso Rio con l'handicap della Guerra
Race to Rio still on for Ukraine's Paralympians
L’Ucraina è una superpotenza paralimpica. Alla ultime edizioni dei giochi si è sempre piazzata tra le prime cinque nazioni al mondo. Ma quest’anno, a Rio de Janeiro, queste performance potrebbero non ripetersi. Il finanziamento della guerra ha comportato tagli allo sport e l’annessione della Crimea alla Russia ha costretto gli atleti paralimpici a rinunciare al centro di Yevpatoria, fondamentale per la loro preparazione.
Despite cross-border conflict and domestic cuts in finance, the race to Rio is still on for Ukraine’s Paralympians. Among other factors affecting the team’s prospects, Matteo Tacconi reports on the loss of the its world class training centre in Yevpatoria, following Russia’s annexation of Crimea.
Mariia Lafina scende dalla sedia a rotelle e si siede accanto al blocco di partenza. Qualche secondo, poi scivola decisa in corsia e inizia a mulinare le braccia. Le gambe no, restano ferme. Mariia Lafina, 22 anni, è paraplegica.
Yana Sytnikova, la sua allenatrice, la sprona e la riprende da bordo vasca. Stile, concentrazione e forma: tutto dev’es sere perfetto per le paralimpiadi di Rio de Janeiro, a settembre. Saranno I suoi primi giochi e Mariia, in teoria, ha le carte in regola per salire sul podio. Sul gradino più alto, se possibile.
Kateryna Istomina, sua coetanea, mira allo stesso risultato. Vuole cancellare la delusione rimediata a Londra nel 2012. Arrivò alla finale dei 100 farfalla con il tempo migliore, ma poi non riuscì ad andare oltre l’argento. “All’ultimo mi è mancato l’autocontrollo necessario”, riflette. Kateryna ha problem di mobilità a un braccio.
Lei e Mariia – incontrate alla piscine di Kiev dove sono solite allenarsi – sono due dei circa 170 atleti che l’Ucraina porterà a Rio. L’ambizione è confermare il rango di superpotenza paralimpica. Le ultime sei edizioni dei giochi – sia invernali che estivi – hanno visto l’Ucraina figurare costantemente nella parte più alta del medagliere. A Londra 2012 è arrivata quarta, con 84 medaglie, lasciandosi alle spalle Australia e Stati Uniti.
Bissare i successi non sarà facile. Il governo sta tagliando i fondi. Servono soldi per l’esercito. Kiev, per quanto gli scontri con i filorussi siano calati di intensità, resta in guerra. Valeriy Suskevych, presidente del comitato paralimpico,non sa ancora misurare la contrazione del budget, ma è convinto che questo, a dispetto dello scenario corrente, sarebbe il momento migliore per investire negli sport paralimpici. E non solo in funzione dei giochi di settembre.
“Molti ragazzi tornano dal fronte con delle disabilità. Dicono “non vogliamo più vivere, è finita”. Ecco, se potessimo portarli nel movimento paralimpico daremmo loro motivazioni importanti. Per i disabili lo sport è un grande strumento di affermazione personale e sociale”, ragiona Suskevych, secondo cui alla base dei successi paralimpici, prima ancora dei fattori tecnici e organizzativi, c’è proprio questo: la convinzione che le attività sportive elevino la condizione dei disabili e diano piena consapevolezza dei propri diritti, ampliando di conseguenza il tasso di democraticità del Paese. “Una volta, poco dopo il crollo dell’Urss, epoca in cui i disabili hanno scontato un grave isolamento sociale, andai in trasferta a Strasburgo. Vidi salire su un treno alcune persone sulla sedia a rotelle, come me. Fu uno shock, abituato com’ero alle barrier architettoniche. Ma mi dissi: “Anche in Ucraina questo dev’essere possibile. Disabili e abili devono poter fare le stesse cose”. E per questo mi sono battuto”, prosegue.
La filosofia di Suskevych, che ha preso la guida del movimento paralimpico poco dopo l’indipendenza del 1991, ha assunto concretezza a Evpatoriia, sulla costa occidentale della penisola di Crimea. Lì, nei primi anni dello scorso decennio, è nato un centro sportivo avanzatissimo, con attrezzature moderne, privo di barriere. “Un territorio per lo sviluppo civile dell’Ucraina, concepito per sordi, ciechi, per chiunque. Abili e disabili: stessi diritti”.
A Evpatoriia il movimento paralimpico, che conta settemila atleti in tutto, ha posto le basi per il suo grande scatto in avanti. Il centro ha ospitato campionati nazionali e raduni di federazione. Ed è servito a selezionare giovani talenti tra i quattromila ragazzi che ogni anno, mediamente, vi sono giunti per fare riabilitazione. Selezionare, ma anche motivare. “Quando questi giovani vedevano arrivare al centro campioni paralimpici affermati, sicuri di sé, con le loro famiglie al seguito, ecco, qualcosa nelle loro teste cambiava”.
Tutto questo non c’è più. Nel 2014 la Russia ha annesso la Crimea, e s’è portata via anche il complesso di Evpatoriia. Suskevych spera di poterne usufruire nuovamente, cucendo un dialogo paziente con Mosca. Ma non e per adesso. Intanto, di certo la perdita di questo posto e le sforbiciate al budget hanno già determinato una flessione nei risultati. “Nel 2015 abbiamo vinto 625 medaglie a livello internazionale. Nel primo trimestre di quest’anno solo 72”. Non ci si fa troppe illusioni per Rio.
Tra gli atleti, comunque, la determinazione non è venuta meno. Visitiamo un centro sportivo alle porte della capital dove la squadra di scherma paralimpica, che si pratica sulla sedia a rotelle, sta affinando la preparazione agli ordini dell’allenatore, Gennady Yanovsky. La scherma non ha il ruolino del nuoto, la disciplina di maggior successo per il movimento. Il segreto sta nel fatto che è lo sport più indicato per la riabilitazione, e dunque le piscine si trasformano in vivai eccezionali. “Invece noi I talenti dobbiamo andarceli a cercare: nelle scuole, nelle università, talvolta persino per strada”, rivela Yanovsky. Ed è proprio sulla strada che è iniziata la storia di successo di Tetiana Pozniak. “Tutto è cominciato quando un allenatore mi ha fermato, chiedendomi se volevo tirare di scherma”, ricorda questa atleta 31enne, già campionessa europea e mondiale, affetta da problemi locomotori alle gambe. A Rio vuole l’oro, per chiudere il cerchio. Nutre la stessa ambizione Andrii Demchuk. Gli mancano solo i Giochi, per il resto ha vinto tutto. “A diciannove anni mi hanno amputato la gamba, ed è stata una fortuna. Non ho più sentito dolori e mi sono abituato subito alla protesi”, dice al termine di un combattimento questo ragazzone di Leopoli, con spalle larghe come un armadio e una gran voglia di salire sul tetto del mondo.
le origini
Nel 2008 il giornalista Americano David Maraniss, premio Pulitzer, scrisse un ponderoso libro sulle olimpiadi di Romadel 1960. Quelli, a suo avviso, furono i Giochi che trascinarono gli sport nella modernità. Le tv trasmisero con finalità commerciali, gli sponsor iniziarono a manifestare appetiti e le competizioni virarono verso il puro professionismo. Roma decretò anche un’altra svolta. Si tennero infatti, per la prima volta, le paralimpiadi. Poche le nazioni rappresentate, appena 17. L’Italia ottenne il secondo posto nel medagliere, dietro la Gran Bretagna. Ed è proprio oltre la Manica che il movimento paralimpico, oggi una solida realtà, ha avuto la sua genesi. La si deve a Ludwig Guttmann, un medico fuggito dalla Germania nazista. Era specializzato in traumi vertebrali, e il governo di Winston Churchill, in tempo di guerra, gli chiese di aprire un centro per la riabilitazione dei reduci. Il luogo prescelto fu lo Stoke Mandeville Hospital, nel sud dell’Inghilterra. Guttmann credeva nella forza terapeutica e sociale dello sport, e nel 1948, l’anno delle Olimpiadi di Londra, riuscì a organizzare, lo stesso giorno della cerimonia d’apertura, una gara d’arco per disabili. Vi presero parte 16 persone, tra cui dei suoi pazienti. Quell’evento prese il nome di Stoke Mandeville Games e fu replicato Quattro anni più tardi, sempre a Londra, allargato però a reduci di guerra olandesi. Fu la prima competizione internazionale per atleti disabili. Di lì ai primi giochi paralimpici, a Roma, non sarebbe trascorso troppo tempo.
Published 25 May 2016
Original in Italian
First published by Pagina99, 21 May 2016
© Matteo Tacconi / Pagina99 / Eurozine
PDF/PRINTIn focal points
- The war in Ukraine, and the fight for minds
- The shadow of the far Right in Ukraine
- Ordinary global brutalism: Or, made in a Ukrainian superblock
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- Some splashes of colour against the war
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