LGBT nel Donbass: ritorno all'era sovietica
Con la guerra i diritti delle minoranze sessuali nell’est dell’Ucraina hanno subito un drammatico ridimensionamento. Molti sono fuggiti. Chi è rimasto nasconde la propria identità sessuale.
Prima dello scoppio della guerra la comunità gay del Donbass era ben organizzata: vi erano gruppi di ritrovo, centri di assistenza per controlli HiV, club tematici. Nonostante la percezione comune del Donbass come regione conservatrice e con una moralità ancora sovietica, la regione era all’avanguardia rispetto alla tolleranza nei confronti delle minoranze sessuali.
Nel 2000 una ricerca sulla situazione di gay e lesbiche, condotta dall’organizzazione “Nash mir/Our World” che si occupa di diritti della comunità LGBT, ha rilevato che la percentuale di persone appartenenti alla comunità LGBT pronte a fare outing era più alta nell’est del paese rispetto alla media nazionale. Il dato era del 14,9% degli intervistati, superato solo dalla percentuale riscontrata nel sud dell’Ucraina. I ricercatori sottolineavano in quell’occasione che il Donbass – se lo si paragonava all’ovest del paese – era caratterizzato da un più alto grado di urbanizzazione, da mobilità della popolazione e da una certa indifferenza rispetto alle questioni religiose. L’ovest dell’Ucraina era caratterizzato al contrario da una forte morale tradizionale e rurale e dalla grande influenza esercitata sulle comunità locali dalla chiesa.
I report annuali relativi a casi di omofobia, prodotti dallo stesso centro, sottolineavano differenze simili: la maggior parte dei casi di violenza contro membri della comunità LGBT venivano riscontrati nell’ovest del paese.
Influenze orientali
In ogni caso l’est ucraino, sotto l’influenza culturale russa, è sempre stato sensibile alle dinamiche che si affermavano al suo oriente. Ad esempio la campagna omofoba che si è scatenata nella Federazione russa negli ultimi anni ed in particolare l’approvazione di una legge che condanna la “propaganda omosessuale” ha portato ad un innalzarsi del livello di odio nei confronti delle minoranze sessuali anche nel Donbass.
Nel 2013 è stata ad esempio organizzata a Lugansk una manifestazione anti-gay promossa da movimenti reazionari che si denominano “Cosacchi” e da esponenti della Chiesa ortodossa. Inoltre nello stesso periodo è stata creata nel Donbass una ramificazione del movimento neonazi ‘Occupy Paedophilia’, fondato da Maxim Martsinkevich. Lo stesso Martsinkevich è stato a Lugansk per girare uno dei suoi film sul comportamento a suo dire ignominioso di supposti pedofili. In quel caso il suo bersaglio erano ragazzi di origine araba. Ai seguaci di Martsinkevich è stato anche dato spazio sulle televisioni locali dove si è data visibilità al loro “attivismo”.
La retorica delle nuove autorità
Nel 2014 la retorica separatista dei ribelli ha iniziato ad includere la dicitura ‘Geyropa’ e gli omosessuali sono stati indicati come la quinta colonna dell’Occidente. Uno degli ideologi dei separatisti, Gleb Bobrov, che fino ad allora si era occupato a Lugansk di pubbliche relazioni, ha scritto: “Diventare omofobi dovrebbe essere compito di ognuno di noi. Se c’è la lobby degli omosessuali deve esserci anche una lobby degli omofobi”.
A Lugansk le case dei sostenitori locali del Maidan sono state tappezzate di manifesti sui quali si affermava che chi vi risiedeva erano dei tossici e appartenevano a minoranze sessuali.
Quando i separatisti hanno preso il potere sono divenuti una vera e propria minaccia per gli appartenenti alla comunità LGBT e molti membri delle minoranze sessuali sono stati obbligati a fuggire dalle proprie case.
Igor, 25 anni, di Donetsk racconta: “Quando persone armate sono comparse nelle strade mi sono veramente spaventato. So che durante le manifestazioni continuavano ad urlare che gente come me doveva essere uccisa, che noi stavamo facendo una propaganda per i gay e roba del genere. Ci scherzavo sopra, ma solo sino a quando hanno preso il controllo della città. E’ stato il momento in cui sono scappato a Kiev e non programmo di rientrare a casa”.
Konstantin, attivista gay originario di Donetsk sottolinea: “Del mio gruppo di amici l’80% se n’è andato. Gli altri se ne stanno chiusi in casa e se ci sono spari sono nelle cantine”.
Nella notte tra il 7 e l’8 giugno del 2015 vi è stata un’aggressione al Club gay Babylon (‘Vavilon’) di Donetsk. Ecco come il gestore del locale ha descritto quanto avvenuto: “Un gruppo di una decina di persone ha fatto irruzione nel locale. Innanzitutto hanno requisito a tutti i presenti documenti, cellulari e soldi. Tutto è poi stato restituito, tranne i soldi. Due persone sono state poi picchiate pesantemente. Il resto dei presenti ne è uscito scioccato ma ferito solo lievemente. Le ragazze non sono state toccate, almeno io non ho visto nessuna violenza nei loro confronti. Sono stati attaccati solo i ragazzi. Il tutto è durato circa un’ora, non più. Tutti sono stati poi lasciati andare, dopo essere stati insultati pesantemente”. Da allora il club ha cessato di esistere.
Andrei Kravchuk, del centro “Our World” afferma: ‘Nel Donbass gli omosessuali stanno vivendo un ritorno all’era sovietica, stanno riducendo al minimo i contatti tra loro”. Come esempio cita i fatti avvenuti a Lugansk nel gennaio 2015 quando Yuri, un gay di 38 anni, è stato assassinato, probabilmente da qualcuno incontrato sui social media. I separatisti della “milizia del popolo” hanno approfittato di quanto avvenuto per creare una loro lista dei gay a Lugansk ricavata dai numeri di telefono che l’uomo assassinato aveva nei suoi contatti.
Il direttore del Centro interregionale per gli studi LGBT ‘The Donbass Social Project’ (‘Donbass Sotsporekt’ ), Maxim Kas’yanchuk, concorda: “I gay si stanno nascondendo. Si assicurano di non offrire alcuno spunto per intimidazioni”.
Konstantin, un attivista gay di Donetsk, descrive i pericoli che si trova ad affrontare: “Accade spesso: conosci qualcuno sui social media e poi in realtà ti incontri con un poliziotto in borghese che ti porta in un appartamento dove sono state installate webcam nascoste… E poi i maiali fanno irruzione e si va dalle accuse di pedofilia a ricatti veri e propri del tipo dacci soldi e non lo diremo a nessuno”. Konstantin sottolinea che trappole di questo tipo sono state organizzate dalle autorità a Donetsk anche in tempo di pace. A suo avviso, per quanto riguarda i gay, “niente è cambiato”.
Discriminazioni istituzionalizzate?
Le autorità delle repubbliche separatiste mirano a consolidare le discriminazioni nei confronti della comunità LGBT istituzionalizzandole. La “Costituzione della Repubblica popolare di Donetsk-DPR” include il seguente comma: “Non viene riconosciuta e permessa alcuna forma di unione perversa tra persone dello stesso sesso e qualsiasi [di tali unioni] è soggetta a penalità da parte della legge”. Nello stesso documento si sottolinea che la “fede prevalente” nel “DPR” è la cristianità ortodossa.
I media ucraini hanno riportato che la Repubblica popolare di Lugansk-LPR ha introdotto l’omosessualità come reato. Secondo il blogger Vsevolod Filimonenko, il parlamento della repubblica auto-proclamata avrebbe deciso di comminare a chi fosse trovato colpevole di relazioni con persone dello stesso sesso da 3 a 5 anni di detenzione. Se invece vengono individuati atti di violenza o se uno dei due partner è minorenne, sarebbe prevista la pena di morte.
Aleksandr Danilyuk, consulente presso il ministero della Difesa dell’Ucraina, rincara la dose riferendo che – in un caso – una condanna a morte sarebbe già stata portata a termine nella ‘LPR’: “Nell’area sotto il comando di [Aleksey] Mozgovoy, hanno introdotto il reato contro l’omosessualità. Oggi hanno sparato ad una persona”.
Le autorità della LPR hanno negato il fatto. Lo stesso Aleksey Mozgovoy ha affermato: ‘Non abbiamo fatto nulla del genere. Non è stata introdotta alcuna pena di morte e non abbiamo sparato a nessuno. Niente di tutto questo è accaduto qui”.
Ha comunque ammesso di essere a favore del divieto di relazioni tra persone dello stesso sesso ma “data la puzza che è stata sparsa su questa questione in tutto il mondo è difficile che chiunque decida di affrontarla direttamente”. Un altro membro dell’autoproclamato parlamento della Repubblica di Lugansk, Yury Khokhlov, ha aggiunto che le voci sull’introduzione del reato di omosessualità sarebbero frutto di un complotto orchestrato dalla propaganda ucraina.
Sottosuolo
La comunità LGBT in ogni caso ha una percezione piena della mancanza di diritti civili e della loro vulnerabilità.
In condizioni come queste “l’uomo col fucile” è divenuto addirittura un feticcio sessuale. Il sito per appuntamenti date.bluesystem contiene annunci personali di questo tenore: “In cerca di un combattente DPR”. In effetti questo non fa che riflettere una situazione classica, caratteristica dell’occupazione di guerra, quando la vittima prova empatia per il proprio oppressore. Il drammaturgo francese Jean Genet ha descritto come durante gli anni dell’occupazione nazista di Parigi gli omosessuali parigini si innamorassero delle SS.
Il drammatico deteriorarsi delle condizioni dei gay nel Donbass è sintomatico del crollo delle comunità locali durante un conflitto, della semplificazione della loro struttura e dello sradicamento della diversità. Ancora una volta, come in epoca sovietica, gli omosessuali sono stati relegati al sottosuolo.
Published 12 May 2016
Original in Russian
Translated by
Osservatorio Balcani e Caucaso
First published by Realnaya Gazeta (Russian version), Osservatorio Balcani e Caucaso (Italian version), Eurozine (English version)
© Konstantin Skorkin / Osservatorio Balcani e Caucaso / Eurozine
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