L’epidemia di bufale fa più danni della pandemia

Dalle accuse di genocidio mirato alle presunte cure miracolose l’epidemia di COVID-19 viaggia insieme a un nugolo di teorie del complotto. Queste sono diffuse da siti di clickbait, ma anche da regimi autoritari che cercano di sfruttare la crisi per motivi politici e di distogliere l’attenzione dall’inadeguatezza della loro risposta.

Le teorie del complotto spesso si diffondono sulla scia di eventi negativi, soprattutto se questi eventi sono nuovi e in parte sconosciuti. Questo è esattamente quello che succede nel caso del coronavirus.

Coronavirus, il re della disinformazione

Man mano che i timori per il coronavirus si diffondono in tutto il mondo, le campagne di disinformazione diventano sempre più efficaci. Oltre ai siti web di clickbait che mirano a trarre profitto dalla diffusione di informazioni false e sensazionali sul virus, sono scesi in campo anche attori geopolitici interessati a seminare il caos nell’informazione. Come riassume un funzionario dell’OMS: c’è un “infodemia” almeno altrettanto pericolosa della pandemia stessa, poiché la disinformazione si diffonde più velocemente e più facilmente, causando danni enormi.

La disinformazione non porta solo a false credenze. Può costare vite umane e portare a disordini sociali. Due modi pericolosi di diffondere la disinformazione sul virus possono essere la banalizzazione/negazione e l’esagerazione/panico. In Corea del Sud, per esempio, abbiamo visto il primo caso, dove una setta di 200mila adepti ha negato l’esistenza del coronavirus e ha ipotizzato che la sua invenzione sia solo un complotto ordito dal governo. Un atteggiamento che ha contribuito in modo significativo alla diffusione del virus, causando molti morti.

Un esempio di successo che ha suscitato il panico è stato osservato recentemente in Ucraina. Una falsa catena di Sant’Antonio in cui si affermava che il coronavirus era apparso in Ucraina è stata inviata a nome del Ministero della Salute. La bufala ha raggiunto gran parte della popolazione e ha causato proteste minori e alcuni scontri violenti, con i manifestanti che hanno addirittura preso d’assalto un pullman proveniente dalla Cina. C’è il forte sospetto che la Russia ne sia all’origine.

Ci sono casi ancora più evidenti: Fonti russe diffondono molte narrazioni false o contraddittorie sul coronavirus, negandone l’esistenza e sostenendo allo stesso tempo che si tratta di un’arma biologica dell’Occidente. Il vice segretario di stato americano per l’Europa e l’Eurasia Philip Reeker ha indicato la Russia come una delle fonti di bufale e di disinformazione legate al coronavirus.

Anche altri regimi autoritari sono stati piuttosto attivi nel diffondere questi falsi racconti. Il caso più eclatante è quello della Cina, dove il virus ha avuto inizio. Fin dall’inizio, alcune bufale diffuse dalla Russia e dalla Cina hanno addossato la responsabilità del virus agli Stati Uniti, sostenendo che lo avessero creato come arma biologica. Questo racconto è stato persino ripetuto da alti funzionari cinesi di recente, come alcuni diplomatici: il portavoce del Dipartimento dell’Informazione del Ministero degli esteri cinese che ha affermato che “potrebbe essere stato l’esercito statunitense a portare l’epidemia a Wuhan”. Questa palese menzogna mira a distogliere la colpa dal Partito comunista cinese – l’attore politico che porta la principale responsabilità della diffusione globale del virus fin dall’inizio.

L’Iran è probabilmente l’esempio più importante di come i tipici riflessi dei regimi autoritari – la negazione e il capro espiatorio sponsorizzato dallo Stato, insieme all’ignoranza della crisi stessa – possano portare a uno scenario ancor più deleterio. Al fine di aumentare l’affluenza alle urne per legittimare il regime, la propaganda governativa ha praticamente negato l’esistenza del virus, sostenendo che sono gli Stati Uniti a drammatizzare le notizie sull’epidemia, al solo scopo di scoraggiare gli iraniani dal recarsi a votare. In linea con questa teoria del complotto, il regime ha aumentato la pressione su cittadini e mezzi d’informazione. Il risultato è noto: circa 14mila casi ufficiali di coronavirus e quasi 800 morti – e i dati reali devono essere di molto più alti.

Ungheria: disinformazione ibrida

In Ungheria abbiamo potuto osservare due tipi di disinformazione. Ai margini ci sono i siti di disinformazione “clickbait” che esistono in ogni società democratica, che abusano della libertà di parola e mettono in discussione il discorso mainstream. Ma anche il discorso dominante è coinvolto: i mezzi d’informazione direttamente gestiti dal governo e quelli filo-governativi formano un coro unico con le dichiarazioni ufficiali del governo. Queste ultime hanno molte analogie con la disinformazione sponsorizzata dallo stato degli regimi autoritari di cui abbiamo parlato più sopra.

Messaggi di disinformazione su siti di clickbait

I principali colpevoli della diffusione di disinformazione sul coronavirus all’inizio erano i portali online che cercavano di trarre guadagno dalla situazione. La loro principale fonte di reddito è la pubblicità. Gli spot delle grandi multinazionali si vedono spesso girare su questi siti tramite, ad esempio, Google Ads.

Abbiamo selezionato 12 influenti pagine di disinformazione su Facebook dall’Ungheria, con più di 1 milione di follower in totale, e abbiamo monitorato i loro contenuti e la diffusione dei messaggi con l’aiuto del software di ascolto sociale di SentiOne.1

Infografiche basate sui dati di Political Capital, prodotte da Attila Bátorfy / ATLO Team.

I post condivisi da questi 12 siti hanno suscitato oltre 21mila interazioni, 3.700 commenti e 22mila (al 27 febbraio). L’alto numero di condivisioni è particolarmente preoccupante perché probabilmente ha aiutato queste narrazioni a raggiungere un numero ancora maggiore di utenti dei social media. Sulla base del numero di follower che queste pagine hanno e dei dati di interazione, possiamo pensare che le bufale che abbiamo scoperto possano aver raggiunto centinaia di migliaia di utenti di lingua ungherese.

Tipi di narrazioni

Abbiamo trovato quattro grandi categorie di notizie false diffuse sull’epidemia di Covid-19.

Il primo gruppo consiste in “teorie del genocidio” che suggeriscono che qualcuno sta deliberatamente diffondendo il virus per raggiungere un certo obiettivo. La narrazione più tipica di questo gruppo sostiene che l'”élite globalizzata” – di cui fa parte, tra gli altri, Bill Gates – sta cercando di decimare la popolazione della Terra. La “teoria di Bill Gates” è stata persino portata avanti dal portale filogovernativo Demokrata, ma di solito era più popolare sui siti di clickbait marginali. Questa teoria si basa su una narrazione populistica.

Il secondo gruppo comprende le “teorie sulle armi biologiche”, che abbiamo anche menzionato sopra. Le teorie tipiche di questo gruppo sostengono che un’arma biologica viene usata contro la Cina in una “Terza guerra mondiale”. Una narrazione specifica sostiene, ad esempio, che ci sono gli Stati Uniti dietro l’epidemia, allo scopo di “mettere in ginocchio l’economia cinese”. Questa si inserisce perfettamente nella nota narrazione geopolitica spesso diffusa da Russia e Cina, che suggerisce che gli Stati Uniti agiscono in modo ostile contro tutti i loro rivali, anche se ciò significa infrangere le convenzioni internazionali. Allo stesso tempo, sono popolari anche le teorie del complotto suggeriscono che il virus è stato diffuso dalla Cina ed è stato creato come arma biologica in un laboratorio militare a Wuhan. La caratteristica comune è l’affermazione che il coronavirus non è un fenomeno naturale, ma sarebbe il risultato di un piano specifico volto ad annientare un gruppo di persone.

Il terzo gruppo di bufale è costituito dalle narrazioni apocalittiche della “fine del mondo”. Sono articoli sensazionalistici, con affermazioni che possono seminare il panico, come lo scoppio di una guerra civile a Wuhan, con centinaia di persone infette che stiano “assediando” i posti di blocco che portano fuori dall’area urbana. Quasi cinque milioni di persone hanno lasciato Wuhan e il virus si è già diffuso in tutto il mondo.

L’ultimo e più piccolo gruppo è costituito da articoli sulle “cure”. Secondo questi articoli è stato trovato un antidoto al virus, la medicina tradizionale cinese “blocca” il virus, fantasticano sulla sua cura con la vitamina C, e così via.

La maggior parte di questi tipi di bufale sono stati riconosciuti anche dalle autorità ungheresi, che hanno aperto un’indagine sui responsabili di oltre una dozzina di portali che diffondono false informazioni sul coronavirus. Questi portali sono stati chiusi e i loro autori citati in giudizio. La polizia ha anche arrestato un vlogger che ha diffuso la bufala secondo la quale gli abitanti di Budapest sarebbero stati sottoposti a confinamento totale.

La vigilanza delle autorità contro questi siti è incoraggiante, e sembrano giustificabili anche alcune misure restrittive nei loro confronti, poiché il panico in tali circostanze può costare delle vite umane. Numerosi portali specializzati nelle bufale stanno diffondendo notizie false e inquietanti sul coronavirus, che stanno raggiungendo centinaia di migliaia di persone. Gli articoli manipolativi su COVID-19 non fanno altro che migliorare il traffico di questi siti, aiutando la diffusione di un numero ancora maggiore di notizie false relative all’assistenza sanitaria e di “cure” inefficaci. Questi siti stanno anche diffondendo bufale sulla “medicina alternativa” che presumibilmente cura tutto, dall’ipertensione al cancro; possono promuovere le teorie no-vax e fare danni che vanno ben oltre la crisi della disinformazione.

Allo stesso tempo, purtroppo, alcune autorità superiori ungheresi non hanno combattuto la disinformazione, ma l’hanno contribuito a produrla e a diffonderla. Come nel caso iraniano, l’obiettivo principale era quello di trovare capri espiatori e di mascherare l’impreparazione delle autorità.

Disinformazione sponsorizzata dallo stato

L’Ungheria non è stato l’unico paese colto totalmente impreparata dal COVID-19. Il 28 febbraio, quando ancora non c’erano casi confermati in Ungheria, il primo ministro Viktor Orbán ha affermato con fiducia che il vero problema e la vera sfida per l’Ungheria nonè il coronavirus ma l’immigrazione clandestina. La sminuizione della gravità dell’epidemia ha poi lasciato il posto alla propaganda che collega il tema preferito dal governo ungherese – l’immigrazione clandestina – al virus.

La storia della correlazione tra il coronavirus e l’immigrazione clandestina è stata promossa per la prima volta dal consigliere capo della sicurezza interna del primo ministro, György Bakondi. Bakondi ha dichiarato all’inizio di marzo che c’è una “certa correlazione tra il coronavirus e l’immigrazione clandestina”. Ha aggiunto che la maggior parte degli immigrati irregolari proviene dall’Afghanistan, dal Pakistan o dall’Iran, quindi da uno dei principali focolai dell’epidemia o l’ha attraversato. Pertanto, tutti i migranti entrati provenienti da quelle regioni sono stati respinti automaticamente dalle famigerate “zone di transito”. Questo è stato il primo importante segnale del fatto che il governo ungherese ha comincato a sfruttare l’epidemia per il proprio tornaconto politico.

Più avanti anche Orbán si è innamorato di questa narrazione, promuovendola sia a livello nazionale che internazionale. In linea con queste argomentazioni, i funzionari ungheresi accusavano i pazienti affetti da coronavirus nei campi profughi. Inoltre, i primi casi di coronavirus annunciati pubblicamente sono stati quelli di studenti iraniani, e il governo ungherese, le autorità locali e la Fidesz, il partito al potere, che li accusava a gran voce di non cooperare durante la quarantena – un messaggio che mirava deliberatamente a rafforzare l’associazione tra il virus e l’immigrazione musulmana.

Questi messaggi non erano fondati. Gli iraniani che sono risultati positivi in Ungheria non erano immigrati clandestini, ma studenti universitari che studiavano in Ungheria con borse di studio dello Stato ungherese. Ma al di là di questo, come potrebbe essere accusata di essere veicolata dagli immigrati clandestini un’epidemia che si diffonde in tutto il mondo seguendo le rotte di volo, infettando funzionari come il sindaco di Miami, la moglie del primo ministro canadese, il portavoce del presidente brasiliano e anche Tom Hanks?

Gli esperti filogovernativi ripetevano il messaggio secondo il quale “i paesi dei migranti sono quelli più colpiti dalla crisi” – qualunque cosa significhi l’espressione “paesi dei migranti” – e accusavano l’Europa occidentale della diffusione del virus. E, naturalmente, il miliardario americano di origine ungherese George Soros e la sua teoria della società aperta. Allo stesso tempo, nessunonel governo ha dato la colpa alla Cina, la fonte del virus, probabilmente per proteggere i legami politici ed economici con Pechino.

Il portavoce del governo ungherese accusa la stampa di non verificare i fatti, e minaccia i giornalisti, affermando che il governo prenderà ogni misura per fermare il diluvio di notizie e voci false [il 30 marzo ha approvato una legge proprio in questo senso].

Dopo un periodo di smentite e di risposte lente, il governo ungherese ha finalmente adottato diverse importanti misure restrittive per rallentare la diffusione del virus, che vanno nella giusta direzione. Tuttavia, questa crisi è la sfida più grande che Orbán ha vissuto durante i suoi 14 anni di governo fino ad oggi. Non solo a causa del rallentamento dell’economia e delle perdite umane che ogni paese europeo deve affrontare. Ma anche perché la crisi colpisce più duramente i settori – sanità e istruzione – che sono stati colpiti più duramentet dalle politiche fiscali del governo ungherese, in un periodo segnato invece da una vigorosa crescita economica.

Il regime di Viktor Orbán è terrorizzato dall’impatto politico dell’epidemia, e la sua campagna di disinformazione alla ricerca di colpevoli mirava a canalizzare il malcontento verso altri fronti. Orbán si è abituato a uno stile di governo nel quale, potendo contare su fondamentali economici solidi, poteva sempre e comunque farla franca, puntando semplicemente sulla comunicazione politica e politiche incentrate sui simboli, e contando su un vasto e centralizzato controllo sui mezzi d’informazione. Le prime settimane di lotta contro la pandemia dimostrano che, questa volta, questa tattica sarà estremamente difficile da applicare.

I profili di queste pagine variano da siti generali di clickbait (Mindenegyben blog), a siti anti-vaccinazione (Oltáskritikus Életvédők Szövetsége). SentiOne ha trovato 8 478 articoli tra l'11 gennaio e l'11 febbraio, la maggior parte dei quali sono stati pubblicati dai media mainstream. I 12 siti selezionati sono stati responsabili di 200 di questi. Il loro interesse per il virus ha cominciato ad aumentare intorno al 26 gennaio ed è diminuito considerevolmente quando la nostra ricerca è terminata l'11 febbraio. Tuttavia, quando alla fine di febbraio è arrivata la notizia del peggioramento della situazione in Italia e in Corea del Sud, il loro interesse ha raggiunto un nuovo picco.

Published 8 April 2020
Original in English
First published by Eurozine (English version); VoxEurop (French and Italian version)

Contributed by VoxEurop © Péter Krekó / Patrik Szicherle / VoxEurop / Eurozine

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