Is this the new fascism?
C’é oggi in Italia uno scoramento di slanci, di interessi, di passioni. Proprio a Parigi, di recente, a un incontro con alcuni intellettuali, artisti, poeti, ho trovato invece un’impressionante voglia di partecipare, impegnarsi, s’engager, come si diceva una volta. Assistiamo, in Italia, a una serie ininterrotta di aberrazioni, e ai camuffamenti dei vari gruppi
politici che si adattano, quasi riprendendolo nelle parole e nei gesti, al clima del fascismo. Usano lo stesso repertorio di parole gridate: libertà, slancio, patria, Italia, difesa della razza, cultura della nostra civiltà, civiltà originaria.
E poi, quello che si dice il conflitto di interessi: nemmeno Mussolini aveva fatto una politica di simili vantaggi né per sé né per le persone che accettavano la logica del regime (a parte la scelta della Fiat come apice dell’industria nazionale); oggi abbiamo un Agnelli che, sentito da che parte girava il vento, si é subito spostato, con un salto enorme; lo stesso scatto eseguito da banche, aziende d’affari, eccetera.
Dall’altra parte, un vuoto pauroso, assurdo, dell’opposizione che sembra non esistere. é vero, e lo si può constatare: il nostro ruolo é quello di semplici dissidenti, che tentano di coprire un vuoto dell’opposizione politica. Ho visto il congresso dei Ds, sembravano ingessati. “Cambiamo, se no moriamo”, hanno esclamato. E, detto questo, sono rimasti su come delle statue di sale. La cosa più folle é che ormai vedi uno come Casini dire delle cose che sembrano addirittura di sinistra, come quando ha sentenziato: “prima di cambiare qualcosa alla Rai, bisogna risolvere il conflitto di interessi.”
Lo dice uno della destra, nascondendo la voce importante di una sinistra che non c’é, e che dovrebbe essere poi suffragata da azioni che contano, dibattiti, convegni, manifestazioni, cioé presenza. Siamo di fronte all’assurdo che Casini dice ai suoi: “Fermi, non esageriamo”. Anche se poi tutto si risolverà in una pagliacciata o in un nulla, hanno portato via perfino la battuta all’opposizione. Ma poi vedi spuntare anche dei movimenti nuovi – studenti soprattutto, giovani operai e anche anziani – che con grande e generosa partecipazione sembrano far vivere l’acqua della risurrezione, sì, anche in senso cattolico, l’acqua della purificazione, movimenti che testimoniano di un meraviglioso risorgere, e invece di andare loro incontro, di sostenerli, di applaudirli, la sinistra li fugge, come se li ripugnasse. Nel giorno della grande marcia della pace contro la guerra preferiscono andare a fare il barbecue, o salutare con la bandierina le navi che salpano per l’Oriente. E sono quegli stessi che, diciamolo, sono responsabili della prima svendita della scuola pubblica, progetto di svendita contro il quale giovani, insegnanti e rappresentanti delle famiglie democratiche avevano già manifestato, con lo slogan: no alla trasformazione della scuola in azienda. Prima di far nascere un’altra scuola, quella privata, preoccupiamoci di rimettere in sesto quella che c’é già, quella pubblica. E ancora, a ruota, la posizione sulla guerra. I rappresentanti del centrosinistra, per stemperare la loro adesione, avevano implorato: “stiamo attenti a non colpire la popolazione, evitiamo di creare disagi e vittime agli innocenti.”
Stiamo attenti? Ma scherziamo? Ormai é noto a tutti che il 90% delle vittime sono innocenti, come ci ha spiegato Gino Strada. E lo si sapeva benissimo. é stato calcolato che in questi tre mesi di bombardamenti le vittime civili certificate sono oltre tremila, pari almeno a quelle delle Torri Gemelle, senza contare tutte le vittime determinate dallo sconquasso delle città, che vivono in disagi atroci, le vittime invisibili, i morti invisibili, come dice Strada, che sono un numero spaventoso: migliaia di orfani, i cui genitori sono saltati in aria per i bombardamenti e le bombe a uomo e quelle lanciate dagli aerei inesplosi. In un territorio immenso costellato da milioni di bombe trappola: hanno calcolato che ci vorranno due secoli per ripulire quella terra straziata. Per cosa, poi? Per una vittoria dei Pashtun che tolgono ai Talebani la produzione dei papaveri, dell’oppio, e che ha in Pakistan le basi per raffinarlo, trasformare l’oppio in eroina. Il che significa una potente rimessa in circolo, il riciclaggio dei proventi che coinvolge banche americane e non solo, il circolo vizioso del finanziamento al terrorismo da parte delle banche americane ed europee. Un giornalista americano disse a un membro del suo governo, che disegnava la mappa del finanziamento internazionale: “Visto il giro finanziario più o meno di riciclo che esprimono le banche elvetiche, vi chiedo: quando bombarderete la Svizzera?” Seguì un silenzio abissale.
Per tornare all’Italia, e a questo convegno di Parigi sulla caduta della democrazia soprattutto nel nostro paese, mi viene da fare una provocazione. Essere costretti ad andare a Parigi per fare un discorso con un minimo di riflessione, di eco, di attenzione, non vorrei che assomigliasse, come segno e natura, a quei dibattiti che si facevano quando nasceva quell’altro nostro governo assolutista di cui mi raccontava mio padre – lui che da ragazzo fu proprio un fuoriuscito in Francia. Mi colpisce l’ascoltare i sopravvissuti, testimoni di quell’epoca, dire che gli sembra di rivivere gli anni ’20, gli anni del nascere del fascismo.
E del resto, leggi il giornale, e vedi l’avvocato di Berlusconi, imnputato per corruzione, che la prima volta che si presenta al Tribunale lo fa per dire che lui se ne va a casa, si permette di abbandonare il processo urlando: “non c’é più giustizia!” E i suoi avvocati, in coro con quelli di Berlusconi, che sollecitano l’intervento del giudice guardasigilli, ministro della Giustizia della Lega scelto guardacaso dal governo di Berlusconi. Siamo al paradosso più sconsiderato, degno di Ubu Roi, la farsa dell’impossibile: si fanno le leggi apposta per il re, si eleggono i ministri fra la sua corte che difendano i suoi soli interessi. E il pubblico applaude. Al massimo qualcuno esegue un piccolo rutto di indigrazione. Tutto questo, per il cavaliere e i suoi impiegati, esprime la coscienza chiara di avere in mano ogni potere, di restare impuniti. La logica del “non faremo prigionieri”. Era il suo palafreniere che lo prometteva. Ho sentito uno del governo dire che faranno un incontro col centro-sinistra: “con una mano terremo un ramoscello d’ulivo, con l’altra la pistola”. Ha detto proprio così. é vero, tutto il nuovo fascismo é già cominciato nel linguaggio, nei loro tormentoni, a partire dall’azienda-Italia e poi col partito-azienda, che fa sì che siano tutti impiegati dell’azienda, col grande imprenditore al centro. “Guai ai vinti” era un altro tormentone fascista. E oggi basta vedere i gesti, le parole, gli atteggiamenti, la protervia di questi governanti che battono il pugno sul tavolo, che gridano “mi avete rotto i coglioni”, “fuori dalla mia azienda” (come il ministro delle Comunicazioni), oppure “gli arabi stiano fuori”, “la facciano altrove la loro pidocchiosa moschea”, “che se ne stiano nel loro ghetto”. Ecco, questa nuova idea del ghetto per chi é diverso, per chi non ci sta.
Certe volte mi prende l’angoscia, una sorda malinconia per questa situazione. Continuo a far teatro, certo, e nei nostri lavori ci sono pezzi in cui si mettono a fuoco questi discorsi, e il
pubblico reagisce, ma si sai, é un pubblico che si seleziona da sé. La cosa più bella resta questa ventata stupenda, questo sole che dà il vedere quei giovani che si muovono, e a cui bisogna dare aiuto, le informazioni giuste. Ma da noi, oggi, non c’é nessun Jean-Paul Sartre che vada all’università a tenere discorsi, come fece lui nel 68 quando tenne una conferenza sul teatro di situazione, il teatro politico, il teatro popolare, in cui esordì citando la frase di Savinio: “Narrate o uomini la vostra storia”. Oggi non si parla più della cronaca, del presente, dello spirito del tempo; e non solo quasi tutti i registi e i direttori di teatro sono uomini di destra più o meno recente con agilissimi sventolamenti di gabbana, ma la gran parte degli intellettuali é come addormentata, oppure finge di non esserci, di avere altro a cui pensare.
Published 24 May 2002
Original in Italian
Contributed by l'Unita © l'Unita
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